La Regione Liguria ha un proprio sito dedicato all’ambiente e come meglio specificato nell’introduzione al capitolo delle acque: ” Come viene descritto nella sezione geologia, l’acqua ligure ha un aspetto sfuggente e contrastato: scorre raramente tranquilla in superficie, ma si nasconde più spesso nel sottosuolo, abbandona per molti mesi all’anno gli alvei dei torrenti in secca e riappare impetuosa in coincidenza dei temporali, modella la costa con onde, mareggiate e correnti”
La gestione delle acque interne in Liguria è affidata alla Regione che procede di concerto con le Province ed i Comuni, come prevede la normativa regionale in merito. I compiti della Regione vanno dalla pianificazione e gestione dell’intero ciclo integrato delle risorse idriche, dall’attingimento alla distribuzione di acqua potabile, dalla concessione di grandi derivazioni per uso potabile, agricolo o industriale al controllo in merito alla qualità ed alla disponibilità delle risorse, dalla localizzazione degli impianti alla depurazione di reflui e scarichi.
La Regione Liguria ha un Portale ambientale attivo con numerose informazioni, anche geologiche, tra cui anche la mappatura delle derivazioni idriche. Invece il Geoportale, estremamente ricco e dettagliato sui dati territoriali, è un utile strumento per casistiche varie.
PIANO DI TUTELA DELLE ACQUE
Secondo quanto previsto dal Consiglio regionale, è stato predisposto il testo coordinato del Piano di tutela, con presa d’atto della Giunta regionale. Il testo coordinato del Piano è pubblicato qui.
DISTRETTI IDROGRAFICI
Il territorio regionale ricade per il versante padano nel Distretto Idrografico del fiume Po e per i restanti bacini nel Distretto dell’Appennino Settentrionale, su cui siti si possono scaricare i Piani di Bacino relativi.
La Legge Regionale n. 1 del 24 febbraio 2014, come modificata dalla Legge Regionale 23 settembre 2015 n.17, individua 6 Ambiti Territoriali Ottimali, le cui funzioni di enti di governo degli ATO liguri per l’organizzazione del servizio idrico integrato, inizialmente attribuite ad aggregazioni comunali, sono assegnate alle Province:
Gli ATO, come è noto, rilasciano l’autorizzazioni agli scarichi nella pubblica fognatura e quindi sono soggetti alla recente normativa sull’autorizzazione Unica ambientale. Ogni Ato ha inserito le nuove disposizioni sul proprio sito, ove presente.
ARPAL è un stata istituita con Legge Regionale 39/95, in attuazione della Legge 61/94.
L’Agenzia è ora regolata dalla legge regionale n° 20 del 4 agosto 2006 e s.m.i., “Nuovo ordinamento dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente Ligure e riorganizzazione delle attività e degli organismi di pianificazione, programmazione, gestione e controllo in campo ambientale”, che mantiene in capo ad ARPAL le competenze istituzionali in campo ambientale.
Le competenze sulle acque sono molteplici e vanno dal monitoraggio all’elaborazione di dati ( per approfondire)
La Regione è competente per le funzioni amministrative relative alle piccole e grandi derivazioni d’acqua pubblica.
Sono definite grandi derivazioni quelle che eccedono i seguenti limiti:
a) per produzione di forza motrice: potenza nominale media annua kilowatt 3.000
b) per uso potabile: litri 100 al minuto secondo
c) per irrigazione: litri 1.000 al minuto secondo o meno per irrigare una superficie superiore ai 500 ettari
d) per bonificazione per colmata: litri 5.000 al minuto secondo
e) per usi industriali, inteso tale termine con riguardo ad usi diversi da quelli espressamente indicati: litri 100 al minuto secondo
f) per uso ittiogenico: litri 100 al minuto secondo
g) per costituzione di scorte idriche a fini di uso antincendio e sollevamento a scopo di riqualificazione di energia: litri 100 al minuto secondo.
La derivazione di acque pubbliche è subordinata all’ottenimento di una concessione, a norma del Regio Decreto n. 1775 dell’11 dicembre 1933 (Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici); tale concessione, prima del riordino delle funzioni attribuite alle province stabilito dal D.P.G. 21/2015, era rilasciata dalla Regione, nel caso delle grandi derivazioni, oppure dalla Provincia competente per territorio, nel caso delle piccole derivazioni.
Oggi, come stabilito dalla L.R. n. 15/2015 e dal Decreto del Presidente della Giunta n. 21/2015 tutte le concessioni, grandi e piccole, sono di competenza regionale, a cura dei seguenti uffici territorialmente competenti:
La presentazione delle istanze di derivazione è possibile tramite la compilazione dei modelli di domanda scaricabili nella sezione “Allegati”, oppure on line.
Dal geoportale si accede alle cartografia delle derivazioni idriche.
Ne esiste solo uno:
La Regione Piemonte persegue la protezione e la valorizzazione del sistema idrico piemontese nell’ambito del bacino di rilievo nazionale del fiume Po e nell’ottica dello sviluppo sostenibile della comunità. Nella pagina dedicata sono sintetizzati tutti gli atti e i documenti inerenti le acque suddiviso per tipologia di acque interessate e azioni intraprese.
Come definito dalla Legge regionale 29 ottobre 2015, n. 23: Riordino delle funzioni amministrative conferite alle Province in attuazione della legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni), la Regione mantiene i compiti di programmazione, gestione integrata delle risorse idriche e coordinamento del sistema informativo regionale SIRA, mentre le Province hanno in carico, oltre al mantenimento delle reti di monitoraggio, la funzione amministrativa del rilascio delle piccole e grandi derivazioni. La pagina dedicata alla normativa di settore sintetizza le leggi di riferimento.
Nel 2016 ha predisposto un sito apposito sugli sprechi alimentari – una buona occasione – dove l’idea è quella di incidere sulle cause che contribuiscono a formare l’eccedenza del cibo, cercando così di prevenirla. Uno dei punti trattati è lo spreco dell’acqua, collegato alla produzione del cibo.
Consultabile il GIS relativo alle stazioni di monitoraggio delle acque. Il Geoportale con i dati sul territorio è disponibile anche per i download.
Dal mese di Ottobre 2018 possibile partecipare direttamente al Forum Web Acque la nuova piattaforma web creata dalla Direzione Ambiente, Governo e Tutela del territorio riservata a tutte le organizzazioni sensibili all’Ambiente ed alle risorse idriche. Per maggior dettagli clicca qui!
Il 2 novembre 2021 il Consiglio Regionale ha approvato l’aggiornamento del Piano di Tutela delle Acque (PTA 2021) con D.C.R. n. 179 – 18293, a seguito della D.G.R. n. 8-3089 del 16 aprile 2021 di riassunzione della proposta al Consiglio di revisione del Piano.
I Contratti di fiume ed i Contratti di lago costituiscono un metodo di lavoro per la gestione negoziata e partecipata delle risorse idriche alla scala di bacino idrografico. In Piemonte sono attivi parecchi piani alcuni interprovinciali ed interregionali.
L’Autorità ambientale regionale (AA) assicura l’integrazione della dimensione ambientale nei processi di definizione, attuazione, sorveglianza e monitoraggio dei programmi dei fondi strutturali europei dalla programmazione 2000-2006 (FESR, FEASR, Interreg IT – FR Alcotra e Interreg Italia – Svizzera). Inoltre è stata AA del programma regionale del Fondo di Sviluppo e Coesione (FSC 2007- 2013) e coordinatore dei Gruppi tecnici ambiente (GTA) dei programmi Interreg 2007-2013.
OPEN DATA La pubblicazione dei dati soprattutto ambientali è forse il punto focale del cambiamento di mentalità delle Pubbliche Amministrazioni e l’Italia ha imparato da poco che invece di essere un problema è una risorsa. I dati pubblici sono tutte le informazioni create, raccolte o gestite da parte di un Ente pubblico e fanno parte del patrimonio comune.
STATO DELL’AMBIENTE REGIONALE PIEMONTESE
Portale dedicato aggiornato di anno in anno con i dati ambientali rielaborati ed infografiche ad hoc.
Sistema Piemonte è il portale di servizi on-line per agevolare i rapporti con i suoi utenti. Si rivolge a cittadini, imprese e operatori pubblici e lo fa in modo semplice e trasparente. È uno spazio pensato per fornire informazioni utili e servizi come, ad es, per le acque di verificare lo stato della concessione rilasciata e di stampare un promemoria dei pagamenti effettuati e di inserire i dati relativi ai quantitativi d’acqua effettivamente derivati o scaricati. Inoltre in caso di ritardi di pagamenti viene fornita anche la possibilità di calcolare l’effettivo canone dovuto con eventuali interessi. Dal Sistema Piemonte si accede anche al Geoportale che è il punto di raccolta del patrimonio di conoscenza su base cartografica disponibile presso gli Enti della Pubblica Amministrazione piemontese, per la condivisione e l’interscambio dei dati. Attraverso il Catalogo dei Dati Territoriali è possibile ricercare, consultare, scaricare i dati ed accedere ai relativi servizi territoriali.
La Regione Piemonte in ottemperanza alla Direttiva 2000/60 ricade nel distretto idrografico padano ed il bacino idrografico del Po interessa il territorio di Liguria, Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Trentino, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, e si estende anche a porzioni di territorio francese e svizzero.
L’ambito di competenza dell’Autorità di bacino riguarda il territorio compreso nella perimetrazione definita e approvata con DPR 01/061998 e successivamente pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 173 del 19/10/1998, con annessa cartografia alla scala 1:250.000. Esiste un portale di dati
Si segnala la Direttiva alluvioni e il Piano di Bilancio Idrico.
Mentre l’Agenzia Interregionale per il fiume Po – AIPo, con quattro leggi approvate dai Consigli Regionali di Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, è stata istituita, dal 2003, ente strumentale delle quattro Regioni, che raccoglie l’eredità del disciolto Magistrato per il Po (istituito nel 1956) e cura la gestione del reticolo idrografico principale del maggiore bacino idrografico italiano, occupandosi, essenzialmente, di sicurezza idraulica, di demanio idrico e di navigazione fluviale.
Per svolgere tali funzioni, AIPo è articolata con sedi territoriali nel bacino – da Torino (Moncalieri), fino a Rovigo – e ha la sua sede principale a Parma. Dal suo sito è accessibile il geoportale che raccoglie i dati delle regioni interessate riguardanti il reticolo maggiore. In diretta sono disponibili i dati del monitoraggio idrografico e la possibilità di estrapolare i dati storici.
Arpa Piemonte è stata istituita con la legge regionale n. 60 del 13 aprile 1995. La legge regionale n. 28 del 20 novembre 2002 ha assegnato all’Agenzia anche le competenze su previsione e prevenzione dei rischi naturali, rendendola così titolare di tutte le funzioni di tutela e controllo in materia ambientale. Le pagine dedicate all’acqua, suddivise per tipologie (corsi d’acqua, laghi, acque sotterranee) e usi sono incentrate sulle reti di monitoraggio e documenti prodotti come lo stato dell’Ambiente.
Da Legge Regionale n. 7 del 24 maggio 2012 art.2: “Le funzioni di organizzazione del servizio idrico integrato, ivi comprese quelle di elaborazione, approvazione e aggiornamento del relativo piano d’ambito, di scelta della forma di gestione, di determinazione e modulazione delle tariffe, di affidamento della gestione e di controllo diretto, restano confermate in capo agli enti locali ai sensi dell’ articolo 142 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152(Norme in materia ambientale). Gli enti locali esercitano, senza soluzione di continuità e ad ogni effetto di legge, le funzioni di cui al comma 1 secondo le disposizioni della legge regionale 20 gennaio 1997, n. 13 concernenti il servizio idrico integrato, modificata dalla legge regionale 4 luglio 2005, n. 8, sulla base delle convenzioni stipulate in attuazione della l.r. 13/1997.”
Con la stessa legge la Regione Piemonte ha ribadito gli Uffici d’Ambito esistenti.
Ricopre il territorio delle Province di Novara e del Verbano Cusio Ossola, la prima non completamente. L’A.T.O. n.1 “Verbano Cusio Ossola e Pianura Novarese”, ha una superficie di oltre 3.600 Kmq, pari a circa il 14% del territorio regionale. La percentuale prevalente appartiene alla Provincia di Verbania con il 63%, il restante 37% alla Provincia di Novara. La densità demografica media dell’A.T.O. n. 1 è di circa 140 ab/Kmq, con una popolazione totale di 502.609 abitanti, così ripartita: 68% appartenente alla Provincia di Novara, 32% a quella del VCO. I comuni interessati sono 164. Il Gestore unico è Acqua Novara VCO spa
L‘autorità è costituita dalle Amministrazioni Provinciali di Biella, Vercelli , Alessandria, Torino e Novara, dalle quattro Comunità Montane appartenenti alle Province di Vercelli e Biella e dai 184 Comuni rientranti nella perimetrazione territoriale dell’Autorità d’Ambito n. 2 così come previsto dalla L.R. 13/97 ed appartenenti alle province di Vercelli, Biella , Alessandria e Torino. I gestori sono diversi (vedi elenco).
L’ATO 3 comprende un ampio territorio, interamente situato in Provincia di Torino ed è costituito da 306 Comuni raggruppati, a seguito del riordino delle Comunità Montane, in 6 Comunità Montane e 13 Aree Territoriali Omogenee. I gestori sono due: Smat Torino che copre 212 comuni e Acea Pinerolese 54 comuni.
L’Autorità d’Ambito del Cuneese è operativa dall’11 Settembre 2002, Il territorio servito è composto da 250 Comuni dell’ATO/4 dove risiede una popolazione di quasi 560.000 abitanti con quasi 10.000 km di rete d’acquedotto alimentata da oltre 1.000 opere di captazione, di quasi 150.000 mc di serbatoi di compenso, di oltre 3.000 km di reti fognarie e di quasi 800 impianti di depurazione (tra piccoli – fosse “Imhoff” in numero di oltre 600 – medi e grandi: Cuneo, Alba, Fossano, Savigliano, Bra, Mondovì, Saluzzo ecc.).
L`Autorità d`Ambito n.5 Astigiano Monferrato è stata costituita il 5 febbraio 1999 presso la Provincia di Asti. Il territorio dell`Ambito comprende 154 Comuni appartenenti a tre diverse province: 104 alla Provincia di Asti, 43 alla provincia di Alessandria e 7 a quella di Torino. I Comuni sono raggruppati in quattro distinte Aree Territoriali Omogenee i cui Rappresentanti, insieme a quelli delle Province, compongono la Conferenza dell`Autorità d`Ambito n. 5. I gestori sono diversi ed alcuni gestiscono ancora in economia.( vedi Mappa)
Nell’ATO6 sono ricompresi n.148 Comuni appartenenti alla Provincia di Alessandria (134 Comuni) e alla Provincia di Asti (14 Comuni), suddivisi dal punto di vista della rappresentatività in 5 Aree Territoriali Omogenee e 3 Comunità Montane. I Gestori sono due ( Amag e Gestione Acqua).
Come definito dalla Legge regionale 29 ottobre 2015, n. 23: Riordino delle funzioni amministrative conferite alle Province in attuazione della legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni), la Regione mantiene i compiti di programmazione, gestione integrata delle risorse idriche e coordinamento del sistema informativo regionale SIRA, mentre le Province hanno in carico, oltre al mantenimento delle reti di monitoraggio, la funzione amministrativa del rilascio delle piccole e grandi derivazioni.
Il Servizio Tutela e Valorizzazione Risorse Idriche si occupa di tutte le autorizzazioni e concessioni riguardanti le acque e cliccando sull’autorizzazione da richiedere si accede ad una pagina informativa esaustiva di tutti i riferimenti necessari.
Dalla pagina delle acque è possibile accedere alla modulistica e alla normativa di riferimento. E’ disponibile un database cartografico e una pagina di informazioni ambientali.
Nell’ambito del Piano di Tutela delle Acque Piemontese la Provincia di Biella si propone di valorizzare la gestione delle risorse idriche tramite una serie di interventi già fin dal 2008 , tra cui il Contratto di Lago Viverone.
Nelle pagine della Gestione acque vi sono tutti i riferimenti necessari per la normativa e la modulistica scaricabile.
La Provincia si è anche dotata di un Sistema Informativo Cartografico reperibile on-line.
La Provincia di Cuneo ha, nell’ambito della Direzione Gestione del Territorio, un Ufficio Acque che si occupa di tutti i procedimenti relativi alle acque sia superficiali che sotterranee comprese le acque minerali e termali. Nella pagina dedicata sono indicati i procedimenti, i riferimenti normativi e la modulistica di riferimento.
Il Settore Ambiente, Ecologia ed Energia – Ufficio Risorse Idriche è il riferimento per il rilascio delle concessioni di derivazioni d’acqua e degli scarichi. Dalla stessa pagina si accede all’elenco della modulistica, oltre alle linee guida predisposte dagli uffici per le diverse richieste dell’utenza, comprese le indicazioni per le sonde geotermiche.
Il Servizio Gestione Risorse Idriche autorizza e controlla l’uso delle risorse idriche e controlla l’inquinamento idrico. I dati e gli aggiornamenti, compresi eventi in programma e pubblicazioni, in merito alle acque sono a disposizione in una pagina dedicata, tra cui il monitoraggio dei fiumi e dei laghi e soprattutto un catasto aggiornato delle opere di captazione esistenti sia superficiali che sotterranee.
La modulistica per i procedimenti è scaricabile on-line in una pagina ad hoc ( vedi qui)
La Direzione Ambiente, Georisorse e Tutela Faunistica si occupa, tra l’altro, dei procedimenti relativi alle acque ed in particolare il Servizio Georisorse, VIA ed Energia nelle cui pagine si scaricano tutti i documenti necessari.
Nell’ambito del Settore Turismo, Marketing territoriale e Gestione delle risorse Idriche, il Servizio Gestione Risorse Idriche si occupa del rilascio delle concessioni e di tutte le azioni previste dalla normativa nazionale e regionale vigente.
Nell’ambito delle politiche agricole regionali e così come indicato dalla legge 21/1999, al fine di raccogliere, organizzare, elaborare e diffondere dati ed elaborati, anche cartografici, sulla bonifica, l’irrigazione e lo spazio rurale, è costituito presso la Giunta regionale il Sistema Informativo della Bonifica ed Irrigazione, denominato SIBI.
Tale progetto si sviluppa in due parti:
La direzione collabora inoltre con INEA (Istituto Nazionale di Economia Agraria) al fine di approfondire la conoscenza delle risorse irrigue sul territorio nazionale. L’INEA svolge attività di ricerca, di rilevazione, analisi e previsione nel campo strutturale e socio-economico del settore agro-industriale, forestale e della pesca. Negli ultimi anni l’attività dell’Istituto si è ampliata nelle attività di supporto alla Pubblica Amministrazione per l’attuazione delle politiche agricole, in primo luogo quelle che discendono dall’Unione Europea.
I dati raccolti sul territorio e inseriti in SIBI, vengono regolarmente trasmessi a INEA.
Il Molise è una regione dell’Italia meridionale con circa 320.000 abitanti. L’ultima regione istituita per scissione dall’Abruzzo nel 1963 con circa il 40% del territorio occupati da montagne che fanno parte della grande catena montuosa italiana degli Appennini e in particolare dell’Appennino meridionale. Le acque presenti sono principalmente fiumi e nascono quasi tutti dal Matese nell’occidente, per poi sfociare nelle coste adriatiche. Il fiume principale è il Biferno, il più lungo (85 km) e col bacino idrografico più grande della piccola regione. Il Trigno è il secondo fiume per lunghezza del Molise (84 km) e anch’esso sfocia nell’Adriatico così come il Fortore altro piccolo fiume molisano sfociante nella parte pugliese del mare interno del Mar Mediterraneo. Altro discorso lo meritano i fiumi che attraversano il Molise, ovvero che nascono e sfociano in altre regioni come il Sangro o il Volturno che è il più importante fiume del Mezzogiorno passante per un breve tratto in Molise. Sono presenti alcuni laghi di origine artificiale e pochissimi laghi naturali a carattere stagionale. ( liberamente tratto da Wikipedia)
Come già altre regioni anche il Molise mette a disposizione, attraverso il GIS, Geographical Information System, un servizio di consultazione cartografico che consente l’interrogazione e la visualizzazione delle schede relative agli elementi che compongono le diverse reti (sottosuolo, discariche, risorse idriche, etc.). In particolare sono presenti carte tematiche riguardanti la difesa del suolo. Ai servizi in dettaglio si accede tramite registrazione.
Come stabilito dal D.Lgs. 152/2006 l’Italia è stata suddivisa in otto distretti idrografici ed il Molise fa parte del Distretto Idrografico dell’Appennino Meridionale, nel cui sito sono disponibili piani e documentazione scaricabile.
L‘Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale del Molise, istituita con legge regionale 13 dicembre 1999 n. 38 è Ente strumentale della Regione Molise. Come in tutte le regioni italiane, ai sensi dell’art. 5 della legge regionale n. 38/99 l’Arpa Molise è preposta all’esercizio delle funzioni e delle attività tecnico-scientifiche per la prevenzione collettiva e per i controlli ambientali, alla realizzazione di iniziative di ricerca in materia ambientale, all’erogazione di prestazioni analitiche di rilievo sia ambientale che sanitario.
Sulle acque e sulle competenze di Arpa ci sono pagine dedicate, soprattutto per la rete dei monitoraggi quali-quantitativi, mentre per quanto riguarda i dati rimanda al Portale Regionale di cui sopra.
Nella Regione Molise, cosi come stabilito dalla Legge Regionale n.8/2009, l’ambito è coincidente con il territorio regionale e le funzioni sono svolte direttamente dalla Regione stessa. I comuni sono rappresentati dal Comitato di Ambito, mentre gli uffici regionali preposti sono il Servizio Idrico Integrato. Il Piano d’Ambito è scaricabile dal sito dell’Autorità Ambientale regionale, che l’ha redatto.
Il gestore attuale del Servizio Idrico integrato è l’Azienda Speciale Molise Acque, istituita con L.R. 37/1999 in sostituzione dell’Ente risorse idriche del Molise – E.R.I.M. istituito con la L.R. 2 settembre 1980, n. 31, è trasformato in Azienda speciale, denominata: “Molise Acque”.
I consorzi presenti sono tre:
La Regione Molise con la Legge Regionale n.34 del 29/09/1999 rilascia le grandi concessioni di derivazione d’acqua sia sotterranea che superficiale, la cui modulistica è scaricabile dal sito, oltre alle indicazione del personale addetto.
dicembre 2019 e febbraio 2022
Certo che salire a piedi tutti i giorni in cima al tiburio e poi sulla gran Guglia in costruzione per 4 anni di fila, con qualsiasi tempo, dai 69 anni in poi, dà già l’idea che uomo fosse Francesco Croce, architetto attivo a Milano nel 1700. Numerose costruzioni sono state da lui progettate, ma pochissimi conoscono il suo nome, sparito nella polvere della storia, nonostante sia stato il progettista della Gran Guglia del Duomo, monumento che l’intero mondo ci invidia e che sorregge la Madonnina, simbolo della città da secoli. Incuriosita da un articolo letto in rete, che raccontava un aspetto della storia del Duomo, appunto perso nel tempo, ho approfondito il tema, scoprendo un mondo di misteri, di intrighi e soprattutto di confronti accesi tra i vari personaggi, abitanti a Milano nel periodo della costruzione della Gran Guglia.
In genere i miei articoli sono di estrazione tecnica, quindi, anche in questo caso, la mia ricerca ha considerato la storia nel contesto dell’interazione da sempre esistente nel nostro territorio tra gli insediamenti umani e l’acqua sotterranea. E delle problematiche connesse che nel corso dei secoli si sono evidenziate e,almeno in qualche modo ed in qualche caso, risolte.
È abbastanza certo che Milano fu fondata dagli Insubri nel VI secolo A.C. e che il posto scelto, appena sopraelevato rispetto al resto del territorio paludoso, fosse dovuto alla sua centralità topografica, rispetto alla rete di comunicazioni fluvio-terrestri. Ponendo quindi Milano al centro delle strade che collegavano la Pianura Padana con il nord Europa, perché, sorprendentemente, come è suggerito da studiosi della materia, Milano ha gravitato verso l’area continentale nordeuropea più che verso l’area mediterranea da cui rimase appartata per secoli.
Un villaggio all’inizio contornato da paludi e senza corsi d’acqua che, con il tempo, ed attraverso imponenti bonifiche e fiumi deviati, ha portato l’acqua in città. Lavori già probabilmente effettuati dai primi abitatori, anche se i primi riscontri oggettivi li abbiamo soprattutto dell’epoca imperiale romana del II-III secolo D.C., quando nell’attuale corso Vittorio Emanuele passava un canale deviato dal Seveso o dall’Acqualunga, grosso fontanile sorgente tra Precotto e Gorla, con numerosi ponti e la cui acqua alimentava probabilmente le Terme Erculee, distrutte dal Barbarossa stesso quando rase al suolo Milano nel XII secolo.
Una città che, almeno all’inizio, era poco importante nel contesto dell’Impero Romano, anche se fu oggetto, già in periodo repubblicano, di imponenti opere di bonifica, i cui canali di deflusso servivano sia per il funzionamento che per la difesa della città.
E’, perciò, estremamente difficile ricostruire come effettivamente era il territorio milanese, di cui si sa che era estremamente fertile e il cui sistema irriguo, cosi interconnesso e capillare ha svolto e svolge tuttora, anche se più in sordina, un ruolo fondamentale nell’evoluzione della città, dell’area circostante ed anche al di la delle Alpi. È famoso, infatti, in tutto il mondo il sistema irriguo milanese, studiato ed apprezzato per la sua singolarità.
Se si guarda con attenzione il paesaggio lombardo, non vediamo nella zona di Milano i caratteristici archi degli acquedotti romani, che invece troviamo sparsi in tutto il mondo. I Romani, grandissimi ingegneri idraulici, sapevano perfettamente che Milano non ne aveva bisogno.
La particolare ricchezza di acque sotterranee sotto pochissimi metri dal suolo grazie alla sua conformazione, che permette la risalita delle stesse, e le acque superficiali deviate in canali hanno consentito sia un fiorire di pozzi “personali”, privati, sia un drenaggio costante delle acque dal terreno, soprattutto nella parte sud della città. In uno scavo archeologico in piazza Missori si sono contati fino a quindici manufatti per prelievo di acque.
Un contributo, forse non decisivo, ma importante, è stato che la Pianura Padana è naturalmente in leggera pendenza da Nord-ovest a Sud Est permettendo cosi un defluire dell’acqua verso la parte bassa della città senza grossi interventi degli abitanti. Un’ acqua che viene utilizzata per vari scopi sia per le terme sia per la difesa dell’abitato che per lo smaltimento di rifiuti suffragato anche da prove certe della presenza, sempre in epoca romana, di un sistema di condutture sia per l’acquedotto pubblico che per la fognatura.
Un ulteriore conferma della presenza di abbondante acqua sotterranea è infatti documentata dalla presenza di palificazioni e di drenaggi di anfore al di sotto delle costruzioni soprattutto nella parte sud (zona chiesa di San Lorenzo e Arena).,come si evince dal disegno sottostante (per gentile concessione di Gabriele Pagani tratto da “Milano e i suoi borghi”)
Non si ha documentazione precisa di come era la città celtica e poi romana ma le figure sottostanti ricostruiscono le probabili mappe del territorio di allora.
Tale sistema è ben documentato sia da studi archeologici, sia dal celeberrimo Bonvesin della Riva che nel XII secolo cantava le lodi di Milano nella sua cronaca “ De magnalibus urbis Mediolani “.
Dopo le invasioni barbariche e la fine dell’Impero Romano, vi fu un lungo periodo di decadenza che arriva alla fine del Medioevo, dove si lasciò senza manutenzione il sistema drenante e le fognature milanesi. Gli interventi successivi furono effettuati senza una pianificazione generale, a seconda della necessità. Rimaneva la presenza in contemporanea sia dei pozzi privati ad uso potabile che i pozzi neri e le fognature servivano solo per drenare le acque. Questo metodo cominciò a creare notevoli problemi di salute causa infiltrazioni nel terreno dei liquami.
Tale metodo di gestione delle acque è proseguito fin quasi alla fine del XIX secolo quando la costruzione sia dell’acquedotto che delle fognature cittadine ha risolto i succitati gravi problemi sanitari che si erano mostrati anche causa il crescere della popolazione.
Una città d’acqua che porta e gestisce l’acqua e che galleggia sull’acqua, cosi era Milano allora e tale è rimasta per secoli. Va infatti sottolineato che solo l’Olona venne deviato più di una volta nel corso dei secoli; in ultimo dagli Spagnoli per costruire la Darsena.
Quindi Milano ricca d’acqua sia sopra che sotto ed è un aspetto che deve essere considerato sempre quando si interviene nell’area milanese.
Quando nel 1386, dopo l’abbattimento delle due chiese esistenti, si cominciò a costruire il Duomo, decisamente diverso da come è ora, l’acqua di falda era a pochissimi metri dal suolo, come risulta da numerosi racconti e manufatti ritrovati durante gli scavi archeologici.
I dati raccolti in modo continuativo dalla costruzione dell’acquedotto milanese alla fine del 1800, rispecchiano ciò che è stata la situazione del rapporto acqua sotterranea e costruzioni nell’area milanese perlomeno fino agli anni 20 del secolo scorso, quando, dopo la costruzione delle centrali per l’acquedotto cittadino, i prelievi di acque sotterranea aumentarono sempre più, abbassandone il livello nel suolo.
Quindi immaginiamo l’area del futuro duomo, ricca di acqua sotterranea e di canali che passavano vicino alle case e alle chiese preesistenti. Anche se non viene quasi mai citato il problema della falda affiorante era probabilmente ben conosciuto da tutti gli addetti ai lavori, specialmente gli ingegneri e gli architetti.
La variazione dei livelli di acqua sotterranea nella città di Milano
E ritorniamo al Duomo, dove, al momento di posizionare le fondamenta su un terreno di ghiaia e sabbia con tracce di limo e strati di limo sabbioso e argilla, si posizionarono dei plinti che erano diversamente caricati causa appunto la presenza della falda, e di cui ora, dopo recenti studi effettuati negli anni 60 del secolo scorso da Ferrari da Passano, conosciamo esattamente le problematiche In effetti nessuno nel secolo XIV poteva mai pensare che avremmo avuto degli abbassamenti della falda per cause imputabili unicamente all’attività umana. Si dava per scontato che fosse stabile, ma non lo era. Questo ha innescato una serie di situazioni, alcune fortemente problematiche, che sono tuttora sotto osservazione. In sintesi, il Duomo e la falda sono sorvegliati speciali.
Tra alti e bassi la costruzione del Duomo, come riportato dagli Annali della Veneranda Fabbrica, continuò per secoli, tanto che a Milano esiste un modo dire “lungo come la fabbrica del Duomo” quando si parla di un lavoro interminabile.
Anonimo – Duomo in costruzione XVI secolo – Civico Museo di Milano
Nel XVIII secolo il Duomo era ancora quasi privo di guglie e in continuo stato di lavorazioni riprese, interrotte e mai completate, ma finalmente si cominciò seriamente a parlare di costruire la Gran Guglia, già pensata una manciata di secoli prima. L’8 luglio 1762, dal Capitolo della Veneranda l’architetto Croce ricevette l’incarico di cercare i vecchi modelli in legno, e di predisporre un nuovo progetto. E, come racconta Ambrogio Nava nella sua relazione sui restauri alla Gran Guglia intrapresi nel 1845, due anni dopo, il 23 maggio 1764, Croce presentò un modello in legno ed una relazione.
Come si riassume brevemente nel libro di Marco Castelli, Francesco Croce nasce a Milano nel 1696 da un artigiano idraulico e nonostante l’ammissione a agrimensore presso un ingegnere collegiato non ebbe mai ufficialmente la qualifica di ingegnere causa le leggi sul censo di allora. Nonostante ciò, progettò opere di ingegneria e architettura a Milano e altrove. Il porticato della Rotonda della Besana e la facciata del palazzo Sormani sono degli esempi. Nell’ultima parte della sua vita venne assunto come architetto del Duomo e collaborò con l’architetto Merlo e altri fino a che venne incaricato di progettare la Gran Guglia. Sovraintese alla sua costruzione ma non vide la Madonnina sulla cima della sua opera perché mori nel 1773.
Un progetto che era piuttosto ardito e ben consapevole delle problematiche connesse alla stabilità del Duomo, per cui, l’architetto Croce ideò “un ingegnoso sistema di costruzione della sua Guglia, e ciò solo basterebbe a mostrarlo uomo di arditissimo ingegno e di vaste cognizioni, sebbene non sapesse vestire i suoi concetti di frasi ampollose”, come scrive Ambrogio Nava nella sua relazione, dove inserisce nelle appendici il testo della relazione scritta direttamente da Croce, oltre ai commenti dei contemporanei.
Relazione molto stringata e chiara dove sintetizza i punti chiave della sua scelta, che vanno dal mantenimento della sicurezza dell’intera struttura fino alla proporzione e simmetria con il resto della costruzione. Non ultimo che la Gran Guglia doveva rispondere alla magnificenza e alla convenienza dell’ornatissima Fabbrica di cui debba essere l’ultimo finimento”. Magistralmente riesce a unire la leggerezza, la delicatezza della guglia che sostiene la statua della Madonnina con la tenuta dell’intera struttura. “E’ un sistema di ferri di varie dimensioni, bilanciato da forze concentriche verticali, mascherato e mantenuto da un rivestimento di marmo, che ne compone la forma esteriore” come lo definisce Ambrogio Nava, primo restauratore della Gran Guglia nel 1845 in senso rigorosamente conservativo.
Mentre l’arch. Ferrari da Passano nel 1962 la definisce una torre prismatica ottaedrica tutta traforata con un’anima cilindrica cava in marmo ed all’interno una scala a spirale che sale nell’anima cilindrica, una progettazione moderna di cui il Croce era pienamente consapevole.
Nella relazione di Croce ci sono due “chicche” di cui non si trova cenno o approfondimenti nelle ricerche compiute. La prima, è che nel decreto del Capitolo per indicazioni sul progetto della Gran Guglia si ordina di visitare ed effettuare un paragone con la guglia dell’Abbazia di Chiaravalle prima di cominciare a stendere il progetto. Cosa che il Croce fa puntualmente mettendo in evidenza le differenze tra l’Abbazia ed il Duomo; la seconda che si firma come Francesco Croce Architetto dell’Ammiranda Fabbrica, aggettivo dato al posto della Veneranda, come si usa ora.
Considerata la complessità del progetto e i dubbi sollevati da un anonimo, poi scoperto essere Paolo Frisi, matematico barnabita, spalleggiato dai fratelli Verri che, nel loro carteggio, definiscono il progetto di Croce “una deformità davvero ridicola” vennero contattati insigni esperti, come il Boscovich, gesuita, ed altri per l’approvazione della proposta dell’architetto Croce.
Sul sito del Corpus dei disegni di architettura del Duomo di Milano è disponibile ora il disegno, effettuato da altri del progetto della Gran Guglia. Il disegno è composto su sei fogli incollati in verticale ed è montato su tela. Il disegno mostra preparazione a matita ed esecuzione a penna e inchiostro nero, ma le ombre e il chiaroscuro sono realizzati con il carboncino, anziché mediante il tradizionale mezzo dell’acquerello, mentre le ombre delle sole figure sono arricchite da tratteggio a punta di penna con inchiostro nero. Le figure sopra il primo livello della guglia, alla base della cuspide e la Vergine alla sommità sono tracciate invece a penna e inchiostro bruno, inoltre, a penna e inchiostro rosso sono delineate le chiavi metalliche illustrate nella pianta.
Il disegno e i due a esso contestuali sono, allo stato attuale degli studi, le sole testimonianze grafiche sopravvissute che documentino il progetto di Francesco Croce per la guglia maggiore del Duomo, iniziata nel 1765 e terminata nel 1770, e il completamento delle guglie sopra il tiburio. Questo disegno in particolare rappresenta il prospetto, completo degli elementi decorativi e di parte della statuaria, e la pianta, comprensiva dell’indicazione degli elementi strutturali metallici e della scala interna, oltre a un dettaglio della scala che permette di raggiungere la quota sopra il cupolino, come indicato nella legenda. La lunga iscrizione racconta le fasi cronologiche di costruzione e puntualizza gli aspetti dimensionali legati all’altezza degli elementi e al peso dei marmi impiegati.
Viste le diatribe sollevate dal progetto, a questo punto vale una digressione per far capire il contesto e fornire le basi per capire l’oblio di Francesco Croce.
Come succede sempre, i gusti cambiano e verso la metà del XVIII secolo lo stile barocco non piaceva più, nasce un movimento Illuminista, che mette la ragione e la scienza al centro dell’essere uomo e dove la religione non è più il fulcro della vita. Insieme al movimento Illuminista, si afferma il gusto neoclassico, nato come reazione al barocco e il nuovo stile, è caratterizzato all’inizio da forme più semplici e lineari che si richiamano al Rinascimento, poi da forme più maestose e imponenti che rinviano a Roma e all’antica Grecia. Stile riconoscibile soprattutto in architettura con Giuseppe Piermarini, architetto umbro ben introdotto nella Milano del Settecento.Questo clima è stato incentivato dalle riforme volute dall’imperatrice Maria Teresa e dal suo successore sui rapporti Chiesa Stato. Le riforme, riguardanti aspetti molto importanti della vita milanese come l’accorpamento di ordini religiosi, il rinnovamento dell’ordine degli Architetti e Ingegneri, sino ad allora autoreferenziale, e l’istituzione, al posto del Collegio dei Gesuiti, dell’Accademia delle Belle Arti a Brera, dove si formeranno i futuri artisti, togliendo l’egemonia alla chiesa milanese durata secoli, vennero appoggiate dagli stessi intellettuali milanesi come Verri, Parini, Frisi ed altri. Nonostante da tutti il Duomo venisse considerato come una cosa a sé stante, di fatto si apri una “lotta” tra la Chiesa, ancora sostenitore del barocco e lo Stato Asburgico che appoggiava il gusto neoclassico, meno costoso. Francesco Croce sia per questioni anagrafiche che per cultura era l’ultimo degli architetti del tardo barocco e quindi nella progettazione della Gran Guglia applica questo principio. Forse è per questo che già nelle critiche effettuate alla presentazione del progetto il suo nome viene, forse volutamente, omesso. Omissione che perdurerà per molto tempo e tuttora il nome del progettista della meraviglia tecnica che sostiene la Madonnina gira solo tra gli addetti a lavori.
Finalmente l’8 luglio 1765 il Capitolo della Veneranda Fabbrica del Duomo deliberava di fare innalzare la guglia maggiore, sopra il tiburio eretto alla fine del Quattrocento. Poi, come previsto da tempo, probabilmente dall’inizio della costruzione, venne posizionata la statua della Madonnina, alta circa 4 metri, in rame ricoperta di foglie d’oro, opera di Giuseppe Perego e Giuseppe Bini il 30 dicembre 1774, un anno dopo la morte di Croce, senza alcuna cerimonia, come si rileva dalle rubriche del Maestro delle Sacre Cerimonie della cattedrale, disponibile in Archivio Capitolare.
In meno di quattro anni la Guglia venne ultimata, perché venne utilizzata la tecnica della divisione del lavoro in settori affidandoli ad artigiani diversi, anche se, purtroppo, non venne seguito alla lettera il progetto originale, come evidenzia nella sua relazione Ambrogio Nava settanta anni dopo, quando si intervenne per il restauro e non l’abbattimento come inizialmente si voleva fare, dato il grave ammaloramento della struttura. Va sottolineato anche il fatto che dovettero essere risolti numerosi problemi perché un cantiere a 65 m di altezza ha bisogno di una complessa organizzazione.
Per sottolineare ancora una volta la genialità di Francesco Croce il progetto, probabilmente senza volerlo, anticipò i principi della tecnica moderna del cemento armato in quanto era prevista la guglia in marmo con un’intelaiatura in ferro, molto leggera che pesava solo 4700 kg circa.
Il Duomo è finalmente concluso, ma inizia la manutenzione del monumento, anche se sicuramente non con l’attenzione odierna, frutto di centinaia di anni di esperienza in merito. Solo riguardo alla Gran Guglia, citando i più importanti, il primo restauro, dopo decenni di abbandono, in senso rigorosamente conservativo venne gestito da Ambrogio Nava nel 1845, che ha avuto il grande merito di evitarne l’abbattimento, invece caldeggiato dall’architetto della Fabbrica Pestagalli. Nel 1962 i collegamenti originali in ferro vengono sostituiti da elementi in acciaio inossidabile particolare denominato AISI 316 grazie a Carlo Ferrari da Passano. Ora invece i nuovi elementi metallici sono realizzati in titanio e vengono consolidati o sostituiti gli elementi in marmo.
Come anticipato all’inizio di questa storia Milano è estremamente ricca di acqua sotterranea che da sempre incide sulle scelte della città stessa. Anche il Duomo, costruito in un’epoca in cui l’acqua era a pochi metri dal suolo e tale è rimasta per centinaia di anni ha avuto le sue difficoltà, ovviamente generate dall’attività umana.
Costruito pensando che l’acqua sarebbe stata sempre allo stesso livello, le fondazioni della facciata e di parte delle murature laterali sono state appoggiate su pali, mentre i piloni del tiburio sono stati costruiti su plinti sopra uno strato di argilla e calce direttamente consolidato e gettato in acqua.
Con il tempo, principalmente l’aumento dei prelievi d’acqua sotterranea causa la costruzione dell’acquedotto milanese alla fine dell’Ottocento, in misura minore la presenza di una centrale termoelettrica a pochi passi, le vibrazioni del traffico veicolare e la presenza di errori di staticità si sono presentati notevoli episodi di subsidenza. Già a partire dagli anni 20 i prelievi erano aumentati per l’aumentare della popolazione e di conseguenza del consumo d’acqua potabile e la falda si era abbassata di poco. I prelievi pubblici aumentarono sempre più passando da circa 108 milioni di mc del 1930 ai 352 milioni del 1971. Per fortuna attualmente la quantità di acqua sollevata dai pozzi si è notevolmente ridotta attestandosi sui 218 milioni di mc/annui.
I dati relativi ai prelievi dei pozzi privati allora esistenti non sono conosciuti, ma si sa che erano numerosi ed estremamente attivi per la presenza di numerose industrie idro esigenti nel territorio milanese.
L’acqua fino a circa gli anni 50 del secolo scorso si trovava poco al di sotto dei plinti di fondazione, circa a meno 7 metri, mentre la Fabbrica del Duomo, all’inizio degli anni 60, come racconta Ferrari da Passano nel suo intervento al convegno della Società di Geotecnica Italiana nell’ottobre 1980, si è trovata a rilevare lesioni nelle colonne del tiburio e cominciare a pensare seriamente che l’intera struttura potesse crollare.
Però da parte dei tecnici non era ancora stato messo in correlazione il problema delle lesioni del Duomo con il fenomeno l’abbassamento della falda, nonostante il livello di quest’ultima si era abbassato di 25 metri in vent’anni, mentre attualmente si attesta sui 16-17 metri di profondità.
La situazione venne studiata a fondo con l’istituzione di una Commissione prefettizia tuttora operativa, partecipanti tutte le istituzioni milanesi e la mattina dell’8 settembre 1972 su ordinanza del Sindaco di Milano, Aldo Aniasi, piazza Duomo venne chiusa definitivamente al traffico veicolare, rallentata la linea 1 della metropolitana, e immediata chiusura dei pozzi privati circostanti. Questi gli interventi necessari per ridurre l’impatto sulla cattedrale. Dopo di che si cominciarono i lavori di restauro all’interno che durarono anni.
Da allora il Duomo è un sorvegliato speciale, insieme ovviamente alla falda, con reti di sensori e continui monitoraggi e restauri.
Partiti da un dimenticato, e si spera presto ricordato da tutti, architetto della Veneranda Fabbrica che ha progettato e realizzato la meraviglia che sostiene la statua della Madonnina, simbolo di Milano, siamo arrivati ai 250 anni, da festeggiare nel 2020, della conclusione della Gran Guglia del Duomo. Sarebbe l’occasione per il Comune di Milano e la Veneranda Fabbrica correre ai ripari e dare il giusto risalto all’opera di Francesco Croce, magari dedicandogli una via come chiedeva l’autrice del precedente articolo e l’autore del volume del 2009. O anche un convegno tecnico e un percorso tematico in città.
Milano magari dimentica ogni tanto ma ha sempre dato il giusto valore alle cose e riparerà al torto.
Del resto per oltre 600 anni il Duomo e la sua piazza hanno ospitato la storia della città, la passione dei suoi cittadini e la vita quotidiana di persone che hanno sempre rialzato la testa e rimboccate le maniche dopo le devastazioni e le distruzioni umane e naturali. Punto di riferimento per tutti fino dalle sue origini e dove generazioni di costruttori, di operai, di artigiani, speziali, orefici, notai e forestieri hanno aggiunto il loro tocco personale fino a farlo diventare la spettacolare struttura che è oggi, meta di pellegrinaggi e di curiosi turisti.
Bibliografia e sitografia
Ringrazio le persone che hanno scritto, amato e vissuto il Duomo e la città di Milano nei secoli passati, come Francesco Croce, Ambrogio Nava, e quelli che ora spendono il loro tempo come gli autori degli articoli sopracitati. Un particolare ringraziamento all’autrice del precedente articolo Manuela Sconti Carbone che ha dato l’avvio alla mia ricerca, a Marco Castelli per il suo libro su Croce, a Roberto Fighetti della Veneranda Fabbrica fondamentale nella ricerca di molti documenti, al personale della Biblioteca Archeologica e Numismatica per la competenza e la disponibilità, al personale della Cittadella degli Archivi del Comune di Milano per la infinita pazienza e disponibilità e agli amici che hanno lavorato e che lavorano in MM, società di gestione del servizio idrico integrato di Milano.
settembre 2019
Ebbene, MM, il gestore del servizio idrico integrato di Milano ha sponsorizzato un albo di fumetti ,inizialmente per gli studenti delle scuole superiori ma, alla fine, sarà per chi si appassiona ai fumetti ma anche per chi ha scoperto, con la complicità delle celebrazioni dei 500 anni dalla sua morte, di essere un seguace attento di Leonardo da Vinci.
Nel fumetto “Le cose portate dall’acqua”, scritto da Giovanni Eccher e disegnato da Giuseppe Palumbo che ha come racconto un Leonardo da Vinci alle prese con un enigmatico delitto sui Navigli nella Milano degli Sforza, il connubio, noto da sempre, tra Leonardo l’acqua e l’ingegneria ha trovato nella società di gestione di Milano lo sponsor giusto.
Ed il risultato è una storia ben cadenzata e soprattutto rigorosissima dal punto di vista del contesto storico della gestione delle acque dell’epoca sforzesca, grazie all’apporto di esperti di lunga data del settore idrico milanese. Anche la ricerca dei documenti originali per poter inserire un’immagine realistica del cantiere del Duomo di Milano nello sfondo dei disegni dà un senso di completezza al racconto.
Gioca anche a favore del racconto una grafica interessante che, per usare le parole dello stesso disegnatore: ” ho disegnato con china a mezzatinta e acquerello seppia (più qualche tocco di matita sempre seppia o rossa) e con ritocchi di bianco, alla maniera del disegno dei maestri rinascimentali, su carta Annigoni della cartiera Magnani di Pescia (la più antica cartiera italiana, attiva dal 1404). Il colore neutro della carta, quasi un tenue beige, funge da tono medio adatto a valorizzare il chiaroscuro dei neri, dei seppia e dei bianchi. A questa tecnica “antica”, si sovrappone una colorazione digitale che lavora ancora nel direzione del gioco di chiari e scuri. Il colore digitale viene dato per velature, anche questa tecnica retaggio del passato. Analogico e digitale lavorano insieme perfettamente!”
Quindi la collaborazione tra il Comune di Milano, MM e CNR (Centro Nazionale delle Ricerche) di questa edizione speciale di Comics&Science, la collana di CNR Edizioni dedicata alla comunicazione scientifica a fumetti, è un ottimo esempio di come possono essere diffusi nuovi stimoli e produrre idee interessanti, mettendo a frutto la genialità di Leonardo che era riuscito ad interagire in modo unico con la realtà dell’acqua.
Il fumetto si trova presso il Museo della Centrale dell’Acqua a Milano
aprile 2020
Foto di Gerhard Gellinger da Pixabay
Grazie all’Italia, nell’ambito del Programma Idrologico Internazionale (IHP), è stata creata nel 2017, sotto l‘egida dell’UNESCO la “Rete Globale dei Musei dell’Acqua”, che coinvolge ad oggi oltre 60 musei e centri di ricerca in varie parti del mondo.
Come recita il comunicato stampa del Ministero degli Esteri del 2018 al momento del riconoscimento ufficiale da parte del Consiglio Intergovernativo dell’Unesco, a giugno dello stesso anno l’iniziativa, nata nel 2017 grazie alla collaborazione tra Università Ca’ Foscari, il Centro Civiltà dell’Acqua, l’Ufficio Regionale UNESCO per la Scienza e la Cultura in Europa di Venezia e la Rappresentanza Permanente d’Italia all’UNESCO, ha ricevuto l’adesione di numerosi Paesi interessati a sviluppare una “coscienza” dell’acqua per assicurare soprattutto alle giovani generazioni un futuro sostenibile, in linea con gli obiettivi della nuova Agenda di Sviluppo della Nazioni Unite.
I Musei dell’Acqua rappresentano i luoghi in cui si valorizza la ricchezza e l’unicità dell’inestimabile patrimonio “idraulico” dei nostri Paesi, un patrimonio di cultura e conoscenza che, nel caso italiano, si estende dall’epoca degli Etruschi, dei Romani, del Medio Evo e del Rinascimento fino ai giorni nostri. Un “sapere” che costituisce una risorsa formidabile per affrontare le sfide che nel settore idrologico e della gestione delle risorse idriche la comunità internazionale è chiamata oggi ad affrontare.
Anche sul tema della “cultura dell’acqua”, l’Italia conferma la sua leadership nella conservazione e trasmissione del patrimonio, tanto materiale che immateriale, alle future generazioni.