Uno sguardo sul fiume Lambro del 1845

Il Lambro a Verano Brianza ( foto Alfio66 da Wikipedia)

Premessa

Luigi Tatti (1808-1881) è stato un grande ingegnere comasco, che lavorò anche in Milano e che realizzò importanti opere ferroviarie e idrauliche come il Canale Cavour in Piemonte e il Canale Ledra – Tagliamento in Friuli. Possedeva una vastissima biblioteca di libri a tema e che è stata acquisita dal Sistema Bibliotecario Milanese. Tra questi è interessante parlare di un breve testo che riguarda il Lambro scritto a metà Ottocento. L’autore è sconosciuto, anche se nel sito della storia di Villasanta il testo viene attribuito a Antonio Cavagna Sangiuliani conte di Gualdana (1843-1913)storico vogherese molto attivo nelle iniziative culturali.

Il Lambro nel 1845

L’autore del testo coglie l’occasione dell’attivazione del consorzio per utenti sul fiume Lambro dai laghi di Pusiano e Alserio fino al confine della Provincia di Milano oltre Melegnano, comprensorio attivato con dispaccio della Luogotenenza Imperial Regia Lombarda; delinea, con brevi note, il percorso del fiume dai monti della Valsassina ( ora sappiamo che nasce a Piano Rancio nel comune di Magreglio) fino all’immissione nel Po, evidenziandone alcuni punti come il ponte della Malpensata oppure a Mojana dove prende il nome di Lambrone, causa regimazione effettuata dagli Austriaci prima dello scarico nel lago di Pusiano.

Vi è pure un continuo riferimento agli argini ben definiti dell’alveo, probabilmente dovuto alla particolare sensibilità del tempo sulle inondazioni e alluvioni di fiumi non regimati dall’uomo e sul fatto che, anche causa piene stagionali, il Lambro non è navigabile. Occorre sottolineare che la navigazione fluviale fino ai primi anni del Novecento era importante per il trasporto di merci e persone.

L’autore elenca con particolare cura le numerose chiuse, ricche di dettagli tecnici, lungo il percorso fino a Melegnano, soffermandosi sull’importanza della roggia Gallarana che si dirige verso il Parco di Monza. Le chiuse anche libere venivano utilizzate soprattutto dai mulini per grano, olio, molature di armi, filature di cotone, cartiere e produzione di legnami.

Roggia Gallerana

La più importante delle “levate”, però, è quella dell’Imperial Regia Polveriera di Lambrate, anche se nel testo si accenna solamente alla sua ubicazione ed importanza.

Una larga parte del testo riguarda la cronistoria del lago di Pusiano e dei vari passaggi di proprietà tra notabili, arcivescovi, regnanti fino alla diatriba tra l’avvocato Diotti e i vari proprietari succedetesi negli anni. L’avvocato Luigi Diotti era il promotore e finanziatore del famoso Cavo Diotti, utile per l’irrigazione agricola e regolatore allo sbocco della Valle del Lambro, necessario per mantenere un buon livello di portata del fiume anche in periodi di magra.


Il Cavo Diotti

Il canale venne progettato dall’ingegnere Paolo Ripamonti che realizzò una diga per governare i 12.705 metri cubi di acque del lago di Pusiano. Nel 1799 una piena rovinosa aveva bloccato per settimane le comunicazioni tra Como e Lecco. A chiederlo erano anche le decine di proprietari di torchi e mulini che lavoravano sulle acque del Lambro. E poi i contadini: avevano bisogno di essere posti al riparo dalle acque di questo fiume, evitando piene d’inverno e la siccità d’estate. A tutti diede una risposta il Cavo Diotti, che a partire dal 1812 assicurò la protezione dalle piene e dalla siccità delle numerose manifatture che sfruttarono le acque del Lambro: l’opificio Galeazzo Viganò, a Ponte Albiate, il candeggio Frette e il cappellificio Cambiaghi a Monza; il filatoio Krumm a Realdino di Carate. Ma già negli anni Ottanta del secolo scorso il Cavo Diotti, mai restaurato in due secoli, smise di funzionare. Nel 2002 l’alluvione di Monza dimostrò l’utilità strategica della piccola diga. 

Dal 2016 è nuovamente funzionante , come da articolo del Corriere

opera di presa del cavo Diotti a Merone

L’autore, infine, evidenzia che, vista l’importanza strategica del fiume Lambro, era sempre sotto tutela pubblica e conclude il suo scritto con una dettagliata descrizione delle due grida, che regolamentavano l’utilizzo delle acque, del 26 luglio 1756 e del 20 dicembre 1782 valide anche a metà Ottocento e che potrebbero tranquillamente valere tuttora.


La Polveriera di Lambrate

Mossa dallo stesso tipo di curiosità che ha mosso l’autrice, Piera Fossati, del volume ” La Polveriera, storie di acque e polveri nel territorio dell’Ortica” dove racconta la storia dell’Ortica, quartiere milanese, usando come traccia nei secoli il fiume Lambro, ho approfondito la storia della Polveriera di Lambrate. Una realtà ora completamente dimenticata, ma per centinaia di anni protagonista dell’area a ridosso del Lambro.

la Polveriera come era nel 1920

All’inizio tra Crescenzago e Cascina Monlué nell’est milanese, il medio Lambro era molto tortuoso, insinuato tra paludi e boschi infestati di animali di vario genere, caratterizzando il paesaggio con le acque non ancora incanalate e con gli acquitrini alimentati dalle risorgive. Le bonifiche cominciarono nei secoli XI- XIII cambiando in modo profondo il territorio, considerato insalubre, instaurando un approccio orientato all’utilizzo del terreno per l’agricoltura.

Il bacino del Lambro è un bacino idrico complesso che , tra l’altro, attraversa la cosiddetta fascia dei fontanili, ambienti semi-artificiali, ed è ricco di rogge tra cui la Roggia Molinara, che azionava il Mulino della Paglia e che entrava nel Lambro prima dei mulini della Polveriera, dove il fiume si divideva in due rami: il Lambro Vecchio e il Lambretto.

Il fiume, come descritto in una relazione del 1782, scorreva in piano e solo con le chiuse era in pendenza, creando accumuli di ghiaia che era necessario spurgare con grande attenzione per evitare di cambiare la capienza del corso d’acqua, importante per le concessioni di utilizzo.

La Polveriera, poi, e le sue infrastrutture, i due mulini della polvere, comparvero già negli ultimi anni del Cinquecento e rimasero in funzione fino alla metà dell’Ottocento. Erano posizionati nella zona tra Cavriano e Lambrate inferiore e precisamente sull’isola formata dal fiume.

Come si legge negli archivi era considerata dagli abitanti una presenza scomoda sia per ovvi motivi di sicurezza come esplosioni ed incendi, sia per controversie legate all’uso delle acque in quanto la fabbrica aveva diritto di prelazione, essendo considerata strategica dalle autorità preposte.

Riassumendo brevemente la storia in elenco non esaustivo:

  • 1605: con editto del Governatore spagnolo si costituisce l’impresa, data in appalto in monopolio, per la raccolta dei salnitri e la produzione della polvere. Un’impresa comprensiva della raccolta, produzione e consegna al luogo di utilizzo. L’utilizzo era prevalentemente militare anche se esistevano dei residuali utilizzi privati. il regolamento prevedeva, comunque, una serie di privilegi per gli appaltatori sulla gestione del territorio ed erano, inoltre, esentati dal pagamento di dazi, pedaggi vari e dall’alloggiamento di soldati.
  • 1700: periodo di trasformazione dell’appalto in cui lo Stato diventò sempre più importante fino a diventare il proprietario della polveriera.
  • 1625 e 1746: incendi anche dolosi per cui per lungo tempo la polveriera venne sottoutilizzata fino a quando non vi fu il passaggio diretto alla gestione pubblica.
  • 1830-1848: con il ritorno degli Austriaci, dopo l’intervallo dell’occupazione francese, la fabbrica venne modernizzata con l’installazione di nuove apparecchiature.
  • 1850-1853: passaggio della fabbrica alla struttura militare e con decreto dell’Imperatore del 28 marzo 1853 venne definitivamente chiusa.
  • 1855: dopo l’inutilizzo causa il ritiro degli Austriaci dalla Lombardia la fabbrica venne messa all’asta.
  • 1856: acquisto da parte del Pio Albergo Trivulzio, dove negli anni Venti del secolo scorso costruì la sede dei Martinitt.
La posizione della Polveriera a Lambrate ( Carta Brenna 1865)

L’ultimo baluardo degli edifici della polveriera venne demolito nel 1937, sanando di fatto una situazione di conflitto tra popolazione residente e la scomoda presenza di una fabbrica di polveri con relativi privilegi.

L’istituto dei Martinitt negli anni 30. Si notano alle spalle delle costruzioni le anse del fiume Lambro

Bibliografia: